Nuova visione del rapporto fra percezione e azione nel cervello

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 30 gennaio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La rassicurante visione della neurofisiologia classica, che integrava la localizzazione del controllo della parola da parte delle aree di Broca e di Wernicke nello schema della topografia somatomotoria e somatosensoriale sviluppato sulla base degli studi di Penfield, senza perdere la sua validità è divenuta parte di un tutto complesso e solo in piccola parte conosciuto, circa il quale si accumulano dati ed ipotesi interpretative. Dopo la fase di individuazione di localizzazioni corticali apparentemente ordinate, circoscritte ed universali, i progressi nella conoscenza delle basi neurali delle funzioni percettive e psichiche hanno proposto realtà “scomode”, in quanto difficili da riportare ad un quadro schematico di dati definiti e regole costanti. Ad esempio, gli studi su pazienti con cervello diviso introdotti dal team di Roger Sperry e proseguiti per oltre vent’anni, dopo aver introdotto nozioni quali quelle di emisfero dominante o categoriale dotato di uso consapevole della lingua e contrapposto all’emisfero rappresentazionale muto e vicino all’elaborazione inconscia, concludevano che in rapporto a funzioni di livello psichico non tutti i cervelli sono organizzati allo stesso modo. Un’affermazione originata da evidenze inconfutabili, che metteva in crisi il metodo e la significatività di una parte considerevole di studi di misura basati su medie statistiche.

Anche se il proseguire della ricerca ha evidenziato, nel complesso, una netta prevalenza di elementi comuni a tutti i cervelli della stessa specie – e non solo al livello molecolare e cellulare, ma anche dei sistemi neuronici – la consapevolezza da parte dei ricercatori di differenze individuali tanto più marcate e significative quanto più è evoluta la specie ed elevato il processo psichico considerato, costituisce un cambiamento notevole rispetto al passato. L’analisi dei piccoli circuiti all’interno dei sistemi locali, confrontata con lo studio dei sistemi globali dell’encefalo, ha reso evidenti delle profonde differenze di regime neurofunzionale che giustificano l’approccio alla fisiologia cerebrale mediante la teoria matematica della complessità. Complesso è un sistema le cui parti obbediscono a regole diverse da quelle che governano l’insieme.

Il modello ingenuo ed involontariamente neofrenologico di un cervello come macchina costituita da semplici parti in cui sono ripartite e localizzate funzioni concepite empiricamente e definite culturalmente, è stato definitivamente accantonato, per dar luogo ad innumerevoli modelli ipotetici di processi neurali, spesso proposti come parziali e temporanei, perché espressione di un work in progress, ma aderenti ai risultati ottenuti e, in genere, coerenti con le nozioni più recentemente emerse in quel settore di studi.

Un altro importante risultato sperimentale che ha inferto un duro colpo allo schematismo neurofisiologico classico è la scoperta dei neuroni specchio da parte di Giacomo Rizzolatti e colleghi. Questo sistema di neuroni, topograficamente appartenente a una regione motoria, si attiva anche quando il soggetto vede compiere ai suoi simili l’azione per la quale l’intervento di quelle cellule è necessario.

Probabilmente la scoperta dei neuroni specchio ha rappresentato un punto di svolta importante per la ricerca sui rapporti fra percezione ed azione, ed anche un punto di partenza per una nuova concezione della fisiologia cerebrale. Se quest’ultima affermazione può sembrare sulle prime un po’ eccessiva, per rendersi conto della sua fondatezza è sufficiente pensare al ruolo dei neuroni specchio nella comprensione e nella produzione del linguaggio e ai ruoli di elaborazione recettiva di aree corticali e sistemi neuronici tradizionalmente considerati mediatori di processi esecutivi.

Attualmente due problemi stanno assumendo un’importanza dominante nella ricerca volta a stabilire le basi neurofunzionali dei processi cognitivi: 1) il ruolo dell’area motoria del linguaggio di Broca (area 44 della mappa di Brodmann); 2) il ruolo del sistema motorio, più ampiamente inteso, nella comprensione delle azioni connesse con la comunicazione.

Uno studio condotto sull’uomo mediante fMRI da Okada e colleghi affronta entrambi i quesiti (Okada K., et al. An fMRI study of perception and action in deaf signers. Neuropsychologia – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuropsychologia.2016.01.015, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Cognitive Sciences, Department of Psychological Sciences, University of California at Irvine, California (USA); Department of Speech and Hearing Sciences, Arizona State University, Tempe, Arizona (USA); Laboratory for Cognitive Neurosciences, The Salk Institute for Biological Studies, San Diego, California (USA); Department of Linguistics, University of California, Davis, California (USA).

Lo studio qui recensito indaga i due problemi in un modo che collega la ricerca sulla comunicazione linguistica con lo studio sulle basi neurali delle azioni manuali. Okada e collaboratori hanno studiato le basi neurali dell’esecuzione e dell’osservazione del linguaggio dei segni standard negli Stati Uniti (ASL, American Sign Language o Ameslan)[1] analizzando i quadri di attivazione cerebrale emergenti dalle incidenze tomografiche di risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging). Sono stati, in particolare, indagati e confrontati fra loro i correlati della rappresentazione, mediante gesti simbolici codificati, di due categorie linguistiche e logiche, ossia quella degli oggetti e quella delle azioni (verbi). Tale scelta è stata operata con l’intento di sottoporre a verifica l’ipotesi, apparentemente suffragata da alcuni dati, secondo cui il sistema motorio parteciperebbe alla comprensione di codici rappresentanti significati che rimandano ad atti motori potenzialmente eseguibili dal soggetto e conosciuti in termini di movimento osservato. Il codice rappresentante un oggetto materiale (ad es.: vaso, libro, scatola), secondo tale ipotesi, farebbe invece a meno dell’intervento dei sistemi neuronici primariamente implicati nella mediazione dell’esecuzione motoria.

In un esperimento, dei volontari affetti da ipoacusia grave (funzionalmente sordi) producevano segni riferiti ad azioni ed oggetti, e poi osservavano e comprendevano segni ugualmente riferiti alle due categorie esaminate. La raccolta delle immagini fMRI dei cervelli in azione ha documentato configurazioni di attivazione differenti per esecuzione e comprensione; tuttavia, è stata rilevata l’eccezione di una comune partecipazione ai due differenti processi da parte dell’area di Broca. Questo rilievo fornisce, come affermano gli autori dello studio, un supporto prima facie alla tesi secondo cui le popolazioni neuroniche del sistema motorio partecipano alla percezione dei codici di comunicazione linguistica, in questo caso rappresentati dalla semìa sostitutiva gestuale.

L’accurata analisi dei quadri fMRI dei cervelli attivi durante la produzione e la recezione della rappresentazione mediante i simboli gestuali delle due categorie logiche dell’oggetto materiale statico e del verbo esprimente azione dinamica, non ha fatto registrare differenze apprezzabili. In altri termini, non è risultato un differente comportamento del sistema motorio corticale complessivamente inteso, magari con segni della sua partecipazione, quando era in questione la comunicazione relativa all’azione.

Questi risultati sono stati discussi dai ricercatori in rapporto a studi relativi all’influenza di lesioni cerebrali sulle abilità di esecuzione e comprensione dell’ASL. Per questa discussione, la cui comprensione richiede la descrizione dettagliata della patologia dei casi esaminati e degli esiti clinici, si rimanda alla lettura del testo integrale dell’articolo originale. In estrema sintesi, alla luce dei reperti e delle deduzioni derivate dai casi clinici, Okada e colleghi concludono che l’attivazione rilevata nell’area di Broca durante l’osservazione dei gesti dell’ASL non è causalmente legata alla comprensione dei segni.

La prosecuzione della ricerca in questo campo, si spera in tempi non troppo lunghi, ci darà una risposta definitiva.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-30 gennaio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] “Una vera e propria semìa sostitutiva della lingua, secondo la definizione di Virginia Volterra, adoperata in tutto il territorio degli Stati Uniti ed anche in altre regioni del mondo, insegnata negli USA fin dalle scuole primarie ed adottata come standard nell’insegnamento ai sordomuti.” (da R. Colonna: Fonti endogene di variazione per apprendere la lingua, in Note e Notizie 23-01-16).